Ambiente

Ambiente

Crediamo fermamente nella necessità di ridurre:

  1. I consumi di energia
  2. I consumi di materie prime
  3. Gli oggetti da smaltire

Per il riscaldamento degli ambienti, si consumano mediamente 200 chilowattora (circa 20 litri di gasolio o 20 metri cubi di metano) al metro quadrato all’anno. Una casa ben costruita, consuma quindi circa 2/3 dell’energia in meno di una casa mal costruita, ma per costruirla occorre una tecnologia molto più evoluta. Ciò vale anche per un oggetto progettato per essere riutilizzato oppure smontato e riciclato il maggior numero di volte possibile, che sia una lavatrice, una stampante o un forno a microonde. L’uso di una tale tecnologia ci permette di consumare meno materie prime e smaltire meno rifiuti!

Non vogliamo un ritorno all’età della pietra, ma recuperare la saggezza del passato e coniugarla con tutto ciò che di utile e intelligente abbiamo inventato ed inventeremo. Non tutto il nuovo infatti rappresenta un “progresso” (pensiamo alle borse di plastica rispetto a quelle di tela), come d’altra parte non tutto il vecchio è meglio del nuovo (non siamo insomma per ritornare ai piccioni viaggiatori!).

Vorremmo favorire:

  1. l’autosufficienza energetica
  2. le tecnologie sostenibili
  3. l’attuazione degli stili di vita sostenibili
  4. la sovranità alimentare
  5. l’autonomia economica e produttiva dei territori (ovvero la rilocalizzazione dell’economia)
  6. la de-globalizzazione

Siamo convinti che  una politica diversa non possa, quindi, che partire dal basso, dai piccoli gesti che compiamo nella nostra quotidianità, dal nostro impegno di cittadini e dalle attività virtuose svolte nei piccoli comuni a livello locale, le quali potranno forse, in futuro non troppo lontano, andare a contaminare sfere sempre più alte.

 

Politica energetica

La politica energetica andrebbe indirizzata prioritariamente verso la riduzione dei consumi, che per più del 50 per cento sono costituiti da sprechi e usi inefficienti. La diffusione delle tecnologie che consentono di ridurre gli sprechi e aumentare l’efficienza è il pre-requisito per lo sviluppo delle fonti rinnovabili, perché la diminuzione della domanda di energia:

– accresce il loro contributo percentuale alla soddisfazione del fabbisogno;

– libera grandi quantità di denaro che può essere reinvestito nel loro acquisto.

Se il paradigma della crescita non viene messo in discussione, la politica energetica viene impostata sulla ricerca illusoria di fonti rinnovabili illimitate e pulite che siano in grado di sostituire la carenza crescente di fonti fossili, eliminando al contempo l’impatto ambientale che generano. Il contesto culturale di riferimento di questa impostazione è l’ossimoro dello sviluppo sostenibile. In questo contesto la riduzione dei consumi ha un ruolo accessorio e si limita per lo più a richiami moralistici sulla necessità del risparmio energetico ottenibile con comportamenti improntati alla sobrietà.

Ecco alcune proposte per realizzare una politica energetica finalizzata a dimezzare la domanda e a sostituire progressivamente l’offerta di fonti fossili con fonti rinnovabili:

  1. Incentivazione finanziaria e fiscale delle ristrutturazioni energetiche finalizzate a ridurre gli sprechi e le inefficienze.
  2. Incentivazione finanziaria e fiscale di costruzioni ad alta efficienza energetica.
  3. Certificazione energetica degli edifici, da inserire come clausola vincolante negli atti notarili di compravendita e nei contratti d’affitto. Istituzione di un organismo indipendente di certificazione e controllo.
  4. Incentivazione finanziaria e fiscale di fonti rinnovabili inserite in edifici di cui sia prevista contestualmente la ristrutturazione per aumentarne l’efficienza energetica e solo se una percentuale del risparmio economico generato dall’efficienza viene reinvestito in fonti rinnovabili.
  5. Incentivazione finanziaria e fiscale di fonti rinnovabili inserite in edifici ad alta efficienza energetica
  6. Divieto di costruire nuove centrali termoelettriche, ma ripotenziamento delle esistenti mediante la loro trasformazione in cicli combinati.
  7. Divieto di costruire centrali a fonti rinnovabili per evitare lo specifico impatto ambientale che ne deriverebbe, ma sviluppo delle fonti rinnovabili in piccoli impianti per autoconsumo e scambi delle eccedenze a livello locale.
  8. Incentivazione alla trasformazione della rete di distribuzione in rete di reti locali per favorire lo scambio delle eccedenze tra autoproduttori.
  9. Piena liberalizzazione del mercato dell’energia, perché la concorrenza è la condizione necessaria per accrescere l’efficienza e perché l’autoproduzione genera nelle ore vuote delle eccedenze che non possono non essere vendute se non in un mercato concorrenziale.
  10. No a finanziamenti pubblici che rendano le tecnologie meno efficienti in termini di riduzione della CO2 a parità di investimenti, più convenienti economicamente delle tecnologie più efficienti.
  11. Incentivazione finanziaria e fiscale maggiore alle colture no food finalizzate a ridurre i consumi energetici (materiali per coibentazione, come, per esempio, la canapa), che alle colture no food finalizzate a produrre biocarburanti (bioetanolo e biodiesel). Vincolo delle incentivazioni alla produzione di biocarburanti soltanto come sottoprodotto di colture alimentari. Poiché l’obiettivo di fondo è la riduzione delle concentrazioni di CO2 in atmosfera, queste produzioni devono essere effettuate con metodi colturali che fissano il carbonio nel suolo (per esempio: agricoltura organica). Incentivazione della gestione dei boschi finalizzata ad accelerare la loro evoluzione naturale, per produrre energia rinnovabile e sotterrare CO2.
  12. Incentivazione delle ristrutturazioni energetiche con formule contrattuali esco da parte degli enti locali.
  13. Uso della fiscalità per incentivare comportamenti virtuosi in termini della riduzione delle emissioni di CO2 e penalizzare i comportamenti dissipativi. Definizione di una fascia minima pro-capite di consumi energetici a prezzi politici e costi maggiorati per le quote eccedenti.
  14. Pagamento a consumo del riscaldamento nei condomini.

 

Rifiuti

La gestione dei rifiuti andrebbe finalizzata prioritariamente alla loro riduzione e solo in seconda battuta al riuso e al riciclaggio delle materie prime secondarie di cui sono composti. L’obbiettivo di fondo a cui tendere si può riassumere nella formula zero rifiuti. In questo contesto, la raccolta differenziata è l’ultimo degli strumenti organizzativi utilizzabili per recuperarne e riutilizzarne la maggiore quantità possibile.

Se il paradigma della crescita non viene messo in discussione, la politica dei rifiuti viene impostata principalmente sulla raccolta differenziata di una parte dei materiali dismessi e l’incenerimento del rimanente. Il contesto culturale di riferimento di questa metodologia è l’ossimoro dello sviluppo sostenibile. In tale contesto si dà per scontato che la crescita della produzione di merci comporti una crescita dei rifiuti. Poiché di conseguenza aumentano i loro ingombri fisici e il loro impatto ambientale, si propone di ridurre queste conseguenze collaterali indesiderate riciclandone una parte e spacciando per distruzione dell’altra la sua trasformazione in fumi. Tuttavia, se i rifiuti aumentano, la raccolta differenziata diventa una fatica di Sisifo che non ridimensiona il problema ma si limita a rallentare la velocità con cui cresce, mentre la liberazione degli spazi fisici che si ottiene con l’incenerimento, oltre a emettere CO2 aumentando l’effetto serra, riempie l’atmosfera di veleni, micro e nano polveri dagli effetti devastanti sulla salute umana e sugli ambienti. Al contempo distrugge materiali riutilizzabili e produce quantità di energia molto inferiori a quelle che sono state necessarie a produrli. I danni economici che genera sono direttamente proporzionali ai danni ambientali.

Ecco alcune proposte per realizzare una politica dei rifiuti finalizzata a ridurli e successivamente a riutilizzare e a riciclare le materie prime di cui sono composti gli oggetti al termine della loro vita utile.

  1. Incentivazione del passaggio dalla commercializzazione dei beni durevoli alla commercializzazione dei servizi che offrono. Questo passaggio in parte è già avvenuto nell’industria: non si comprano fotocopiatrici, ma il servizio di fotocopiatura; non si comprano le automobili ma si paga un leasing; non si comprano combustibili ma il servizio calore. Può avvenire anche nel settore civile: il servizio del freddo al posto del frigorifero, il servizio di televisione al posto del televisore eccetera. Se l’hardware resta di proprietà del produttore, a lui spetta lo smaltimento. Pertanto diventa suo interesse che aumenti la durata degli oggetti e che la progettazione venga effettuata in funzione della riparabilità e del recupero dei materiali di cui sono composti quando vengono dismessi.
  2. Smaltimento degli imballaggi a carico di chi li utilizza per il trasporto delle merci.
  3. Tassazione dei vuoti a perdere.
  4. Abolizione delle condizioni di privativa alle aziende controllate dagli enti locali nella gestione e trattamento dei rifiuti. Assegnazione della gestione e del trattamento dei rifiuti con gare d’appalto finalizzate a ridurre al minimo le percentuali da conferire allo smaltimento.
  5. Abolizione della tassa raccolta rifiuti e applicazione in tempi rigidamente definiti di una tariffa commisurata alle quantità di rifiuti indifferenziati conferiti allo smaltimento.
  6. Incentivazione dei più efficienti sistemi di raccolta differenziata controllata e del trattamento meccanico-biologico della frazione residua di rifiuti indifferenziati.
  7. Gestione economica delle materie prime recuperate dalla raccolta differenziata. Poiché il riciclaggio della materia è più conveniente economicamente dell’energia ricavabile dall’incenerimento (anche per le frazioni combustibili: con la raccolta differenziata del legno conviene di più fare truciolati che alimentare stufe), chi ricicla è disponibile a pagare di più, chi vende guadagna di più e l’ambiente è più tutelato.
  8. Introduzione di una rigida normativa di controllo per verificare il riuso e il riciclo dei materiali provenienti dalle raccolte differenziate.
  9. Incentivazioni fiscali alla vendita di prodotti ottenuti da materiali riciclati.
  10. Autorizzazione alla combustione del solo CDR (combustibile derivante da rifiuti) proveniente dalla raccolta differenziata delle frazioni combustibili, con un potere calorifico non inferiore alle 6000 chilocalorie al chilo e solo se i kWh prodotti sono sostitutivi di altrettanti kWh termoelettrici. Questa misura può essere applicata nelle realtà con problemi pregressi particolarmente gravi.

 

Uso del territorio, edilizia, urbanistica

  1. Blocco delle aree di espansione edilizia nei piani regolatori delle aree urbane. Incentivazione delle ristrutturazioni qualitative ed energetiche del patrimonio edilizio esistente. Concessioni di licenze edilizie soltanto per demolizioni e ricostruzioni di edifici civili o per cambi di destinazioni d’uso di aree industriali dimesse, previa destinazione di una parte di esse a verde pubblico.
  2. Formulazione di allegati energetici-ambientali ai regolamenti edilizi vincolanti la concessione delle licenze edilizie al raggiungimento degli standard di consumo (classe C: 70 kWh al metro quadrato all’anno).
  3. Espansione del verde urbano nell’ottica di una riduzione dello squilibrio complessivo tra inorganico e organico, con fissazione di percentuali annue di incremento, al fine di:

– migliorare i microclimi urbani;

– aumentare l’alimentazione delle falde idriche riducendo l’impermeabilizzazione dei suoli;

– potenziare la fotosintesi clorofilliana per incrementare l’assorbimento CO2.

  1. Valutazione strategica dell’impatto ambientale per qualsiasi intervento sul territorio.
  2. Uso nell’edilizia di materiali locali, per quanto possibile, e riuso di materiali provenienti dalle demolizioni.
  3. Recupero delle acque piovane canalizzando i flussi delle grondaie in serbatoi di accumulo per sciacquoni e irrigazione.
  4. Divieto di costruire parcheggi per edifici destinati ad attività lavorative, divieto totale di sosta nelle strade dei centri storici a eccezione dei residenti e destinazione agli stessi dei parcheggi sotterranei esistenti.

 

Mobilità

  1. Riduzione del traffico di merci e persone incentivando:

– il telelavoro;

– l’autoproduzione di merci;

– le filiere corte;

– l’uso individuale e collettivo di automobili pubbliche (car sharing e taxi collettivi)

– l’uso collettivo di automobili private (car pooling, sistema jungo).

  1. Potenziamento dei sistemi di trasporto pubblico, favorendo i mezzi a trazione elettrica alimentati da reti e affiancando ai mezzi di trasporto collettivi (filobus e tram), mezzi di trasporto pubblico a uso individuale utilizzabili con schede pre-pagate a consumo ricaricabili (sistema amica).
  2. Raddoppio delle linee ferroviarie a binario unico.
  3. Incentivazione di filobus alimentati da reti elettriche sul sedime stradale, in modo da poter estendere l’alimentazione anche ad automobili elettriche senza batterie.
  4. Blocco del traffico privato nei centri urbani.
  5. Blocco della costruzione di nuove infrastrutture viarie.
  6. Realizzazione di opere di mitigazione ambientale delle infrastrutture viarie esistenti.

 

Agricoltura

  1. Messa al bando degli organismi geneticamente modificati.
  2. Incentivazioni alle aziende contadine diretto-coltivatrici a conduzione familiare che praticano l’autoproduzione e vendono le eccedenze.
  3. Eliminazione degli obblighi fiscali e della tenuta di registri contabili per la vendita diretta dei prodotti delle aziende agricole a conduzione familiare che praticano l’autoproduzione e vendono le eccedenze.
  4. Incentivazione della biodiversità e delle colture biologiche.
  5. Incentivazione delle aziende agricole nei terreni collinari e montuosi, riconoscendo economicamente il loro ruolo di tutela idrogeologica.
  6. Incentivazione delle colture no food a fini energetici privilegiando:

– quelle di cui non si utilizzano soltanto le parti a uso energetico (per esempio: i semi oleosi), ma anche le parti destinabili all’alimentazione umana o animale (per esempio: le componenti proteiche)

– quelle che consentono di ridurre i consumi di energia (per esempio la canapa per la coibentazione delle abitazioni) piuttosto di quelle finalizzate a produrre energia (alcol metilico e biodiesel).

 

Acqua

  1. Definire una quantità pro-capite giornaliera minima gratuita e far pagare il surplus a costi crescenti in relazione alla crescita dei consumi.
  2. Nelle nuove costruzioni e nelle ristrutturazioni: obbligo del doppio circuito, acqua potabile per gli usi alimentari e non potabile per gli altri usi, obbligo di usare l’acqua piovana per gli sciacquoni.
  3. Obbligo del recupero delle acque piovane in vasche di accumulo.
  4. Incentivazione, dovunque sia possibile, degli impianti di fitodepurazione.
  5. Ristrutturazione della rete idrica per ridurne le perdite, con gare d’appalto che consentano di trasformare i risparmi