Come abbiamo visto nell’articolo precedente, il Riparare è una componente dell’Economia Circolare, un modo virtuoso per allungare la vita dei prodotti, invece di buttarli via. Fino ad un paio di generazioni fa, riparare era ancora assolutamente normale. I mobili, le apparecchiature, i vestiti, le auto ecc. erano tutti costruiti secondo criteri di qualità. Le aziende costruttrici concorrevano tra di loro proprio sulla base della qualità dei loro prodotti, i quali (per tale ragione) non costavano affatto poco. Al di fuori della produzione seriale, l’artigianato aveva il suo spazio di economia e il saper fare qualcosa con le proprie mani era una qualità. Di solito un prodotto nuovo era migliore di uno meno nuovo, nelle funzionalità, ma nella sua qualità totale; era pensato per durare e per essere riparato, ma soprattutto rispondeva ad un’esigenza reale del consumatore. Se un oggetto od un vestito si rompevano, la prima opzione era sicuramente la riparazione e non l’acquisto del nuovo, questo anche per coloro che se lo sarebbero potuti permettere. Perché nel mondo prevalentemente agricolo dal quale proveniamo, era quasi (o forse sicuramente) un peccato, un delitto, buttare qualcosa che con un piccolo sforzo poteva ritornare ad essere usato. C’era anche una consapevolezza diffusa che uno spreco (che sia di energia o di materiale, ecc.) era una cosa assolutamente da evitare, anche quando non c’era carenza, perché si pensava a quando avrebbe potuto esserci. Oggigiorno sembra che il fattore economico abbia preso il sopravvento su tutto ciò. Le aziende concorrono esclusivamente sul profitto e qualsiasi cosa si possa fare per aumentarlo è intrinsecamente giustificata, magari in nome dei posti di lavoro che si forniscono o del benessere (o tanto-avere dovrei dire) che abbiamo. L’artigianato è quasi sparito e con sé tutto il sapere che ne conseguiva, anche in termini di capacità di riparazione. Veniamo al dunque, il criterio con cui le cose vengono oggi prodotte non è certo la qualità, ma avere il prezzo più concorrenziale possibile, per poterle vendere in grande quantità e che durino poco, in modo da sostituirle velocemente. Le voci principali che formano i costi delle aziende sono prevalentemente i salari ed i materiali; quindi, se si cerca in tutti i modi di diminuire entrambi, di conseguenza il nuovo non è migliore del vecchio, anzi. Per migliore si intende non solo la qualità dei materiali, ma anche come è stato progettato: se per durare o meno, se per essere smontato e riparato, se sono previsti pezzi di ricambio, se i materiali sono scelti in base al loro possibile riutilizzo o smaltimento. Nell’attuale produzione, la strada verso un’Economia Circolare è ancora lunga da percorrere. Le persone di buona volontà magari vorrebbero anche oggi riavere in funzione il loro oggetto preferito, ma troppo spesso il primo ostacolo per i riparatori è l’apertura dell’oggetto stesso: istruzioni di servizio o schemi funzionali sono un ricordo del passato, involucri fatti ad incastro di fragile plastica, viti impossibili da svitare se non con cacciaviti speciali, inserite in buchi impossibili da raggiungere, pezzi di ricambio inesistenti o carissimi. Insomma, come dicevamo prima, il prodotto non è stato progettato pensando che potesse essere aperto e riparato, ma solo gettato via, sostituendolo con uno nuovo. Ovviamente un prodotto così costa poco produrlo e costa tanto ripararlo, quindi non c’è partita. Per ora l’atto della riparazione è ancora un atto assolutamente controtendenza e controcorrente, in continua concorrenza con una produzione seriale a bassissimo costo, ma immaginate invece quanto lavoro potrebbe dare e quanto invece la grande produzione diminuisca i posti di lavoro (sostituendoli con l’automazione) per rimanere concorrenziali sul prezzo di vendita, la chiamano aumento della produttività. Il ruolo/potere del consumatore sarebbe nel far ritornare importante la qualità di ciò che si compra, la sua riparabilità, il servizio post-vendita, la disponibilità di pezzi di ricambio. A facilitare questa scelta, sarebbe bello se le etichette che obbligatoriamente oggi segnalano il consumo energetico degli elettrodomestici, tenessero conto anche di questi fattori, permettendo ai consumatori di orientarsi facilmente nell’acquisto. Ne parleremo nel prossimo articolo.